Può l’approccio psicologico contribuire a migliorare le prestazioni sul campo?
Sì, risponde Giuliana Guadagnini, psicologa del Santamargherita, che ci spiega anche come lo sport non alleni solo la forza fisica, ma anche quella mentale.
Qual è il ruolo di uno psicologo all’interno di una società sportiva?
Principalmente quello di individuare i fattori psicologici-emotivi che influenzano la prestazione sportiva e l’attività fisica, attraverso conoscenze che consentano di comprendere il comportamento di chi pratica sport ed eventualmente di migliorarlo. Insomma, se un atleta ha particolari esigenze, difficoltà o problematiche che vanno a intaccare la sua quotidianità e quindi le sue performance in campo viene attivato un percorso ad hoc.
Come va a lavorare la psicologia all’interno del mondo dello sport?
Esistono diversi approcci e livelli: la prevenzione, il training di rilassamento, l’attenzione alla dieta e alla nutrizione con un particolare riguardo a eventuali disturbi alimentari… Ovviamente tutto questo va a integrarsi con le attività di altri specialisti clinici che si occupano della squadra, come il medico e il fisioterapista. Poi, ovviamente, vengono sviluppati interventi personalizzati a seconda delle esigenze dei singoli atleti, anche valutando le osservazioni dell’allenatore e del preparatore.
Come giudichi il rugby? Credi sia uno sport adatto per la crescita mentale e fisica di bambini e adolescenti?
Il rugby, specialmente dopo gli indimenticabili Campionati del Mondo del 1995 in Sudafrica con il bel gesto di Nelson Mendola, ha acquisito un significato speciale, diventando un simbolo di unità fra i popoli. Quella della palla ovale è una disciplina che presenta caratteristiche importanti, come la grande capacità formativa e il fattore dell’integrazione. Quando si parla di fair play penso sicuramente al rugby, un’attività che aiuta bambini e ragazzi, ma anche adulti, a esprimere emozioni, scaricare tensioni, divertirsi, ma anche a esercitare lo spirito di sacrificio e fortificare il carattere.
Credi possa arginare fenomeni, purtroppo abbastanza diffusi, come quelli del bullismo?
Penso che lo sport in generale debba assumere un ruolo rilevante nella vita dei giovani. Il rugby è in grado di insegnare molte cose, ha un terreno culturale di lealtà ed etica, aiuta ad affrontare paure e incertezze, controllare stati emotivi e atteggiamenti provocatori. Sappiamo che i cosiddetti bulli trovano terreno fertile negli ambienti di aggregazione, ma chi fa sport diventa, se non lo è già, consapevole di dover accettare regole di gioco e di convivenza sociale. Inoltre, capisce che solo attraverso rispetto e norme condivise è possibile concretizzare un’azione e andare in meta, senza bisogno di prevaricazione. In sostanza, per i bulli nello sport non c’è posto!