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Intervista a Manuel Damoli

Intervista a Manuel Damoli

Niente amichevole contro il Biella per il Santamargherita. Il club piemontese, contro cui i giallorossi sarebbero dovuti scendere in campo nel weekend, ha annunciato di aver sospeso gli incontri e gli spostamenti delle proprie formazioni per ragioni di sicurezza. Slittato anche il via del Campionato Nazionale Serie A (22 novembre invece dell’8), come annunciato nei giorni scorsi dalla Federazione Italiana Rugby. Ma nonostante l’incertezza sportiva in casa Santamargherita si continua a lavorare sodo, come ci racconta Manuel Damoli. L’utility-back classe 1992 si prepara alla sua nona stagione in Prima Squadra (con una novità di ruolo importante, ndr) e, nonostante la giovane età, è di diritto tra i senatori dello spogliatoio. Un cammino ovale, quello di Damoli, iniziato all’età di 16 anni ma che lo ha visto ben presto esordire in Serie A.

 

Al rugby sei arrivato relativamente tardi e in pochi anni hai bruciato tutte le tappe. Raccontaci come è andata.

Ho praticato calcio fino a 16 anni, poi ho deciso di entrare nel mondo del rugby e del Valpolicella. Dopo due stagioni nelle giovanili ho fatto l’ingresso in prima squadra, con cui mi preparo a disputare la nona stagione. Con il tempo ho acquisito confidenza negli impatti lavorando sulla parte fisica, curando anche la tecnica individuale, fondamentale per misurarsi a questo livello.

 

In una rosa così giovane sei tu stesso un veterano. Come la vivi?

È motivo di orgoglio e responsabilità essere un punto di riferimento per i compagni. Cerco di trasmettere sempre il meglio basandomi sulla mia esperienza. Aiuto soprattutto i più giovani, che devono inserirsi il prima possibile all’interno dei meccanismi. In un campionato che cresce di livello c’è bisogno di tutti i componenti della rosa, perciò dobbiamo andare tutti nella stessa direzione. Guidare i meno esperti dando l’esempio in campo è sicuramente un compito impegnativo ma gratificante.

 

Quali sono i ricordi più belli di queste nove stagioni?

Sicuramente l’esordio contro Catania, ero molto emozionato. Non potrò mai dimenticare le due semifinali di campionato contro Recco, perché ci siamo misurati a un ottimo livello dimostrando di essere all’altezza. Ricordo con grande gioia lo stadio Fattori de L’Aquila, pieno di tifosi nel giorno dell’anniversario del tragico terremoto del 2009. Infine, chiaramente, non posso non ricordare ogni singolo derby, una partita che per tutto l’ambiente Valpolicella significa molto.

 

Se dico Rugby Club Valpolicella a cosa pensi?

Una famiglia. Il mio gruppo di amici è quello che condivide il campo con me. Siamo riusciti a creare una squadra soprattutto fuori dal campo. Passiamo molto del nostro tempo insieme, perciò in campo è più facile lottare fianco a fianco per un unico obiettivo.

 

L’approccio con il nuovo tecnico Edd Thrower come è stato?

La preparazione è stata diversa dagli altri anni, ma c’è grande applicazione e si respira un’aria felice, nonostante tutto quello che sta accadendo. Mi è stato chiesto di ricoprire un ruolo nuovo, l’estremo, mai provato nel corso della mia carriera, ed è una bella sfida che mi dà stimoli e voglia costante di migliorarmi. Coach Thrower ha giocato diversi anni in questa posizione ai massimi livelli, mi dà ottimi consigli e mi aiuta molto.

 

Come vedi in generale la squadra?

Siamo un gruppo giovane che ha voglia di lavorare. Il movimento generale in campo diventa giorno dopo giorno più fluido e divertente. C’è stato chiesto un grande sforzo in palestra e tutti, nonostante gli impegni lavorativi (Manuel è cuoco al Settimo Cielo, ndr), ci mettiamo a disposizione negli orari in cui riusciamo ad allenarci. Il merito è dello staff che viene incontro alle nostre esigenze, fungendo da stimolo e modello per noi giocatori.

Tratto da L’Arena del 27/10/2020

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